La Festa della Mamma è una giornata difficile per me

24 luglio 2008
Nel 1986 ero una ragazza madre, quando seppi di essere ancora incinta. Avevo vent’anni, ed avevo una figlia di due anni. Il padre del mio bambino mi disse che dovevo sbarazzarmi del “problema”. La mia migliore amica decise di aiutarmi prendendomi un appuntamento per abortire. Mi portò in auto alla clinica per aborti.
Anche il padre e la mia amica pagarono l’intervento, ma io sono andata avanti. Sono stata responsabile per la decisione finale. La cosa strana è che durante il processo decisionale, nessuno ha mai chiamato il “problema” un bambino. Usavano termini come “interrompere la gravidanza”, “sbarazzarsi del problema” e “risolvere la situazione”. Nessuno parlò con me degli stadi dello sviluppo fetale dal primo istante del concepimento.
Il dolore dell’aborto deve essere stato troppo grande perché la mia mente ed il mio cuore lo affrontassero. L’ho tagliato fuori per 13 anni e non avevo nessun ricordo dell’aborto. Comunque ho sofferto di una grave depressione per anni e ho avuto molti attacchi d’ansia.
Ho accettato il Signore nella mia vita e nel mio cuore nel 1996. Nel 1998 stavo ascoltando un programma alla radio chiamato “Tilly”. Anche se ne ho sentito solo più o meno i primi dieci minuti, ho capito rapidamente che era su un bambino abortito. Ho cominciato ad urlare a Dio e a dirgli: “NO, è impossibile che io l’abbia fatto. È impossibile che io possa mai affrontarlo”. Ma mentre ascoltavo, il cuore cominciò a farmi male, e mi sembrava come se un coltello mi avesse perforato il cuore. Il dolore era insopportabile. Cominciai a piangere e caddi sul pavimento. Non riuscivo neanche a stare in piedi o respirare.
Non sapevo che cosa fare, provavo un grande dolore fisico, emotivo e mentale. Pensavo che sarei morta. Poi alla fine del programma, dissero che le donne che erano state ferite dall’aborto avrebbero dovuto chiamare il più vicino centro di aiuto alla gravidanza. Per prima cosa lunedì mattina feci così. Erano così premurosi e di sostegno. Non mi giudicavano. Pensavo che avrebbero dovuto odiarmi per quello che avevo fatto perché in quel momento mi odiavo; ed ero sicura che anche Dio mi odiava.
Ma scoprii presto, attraverso un meraviglioso corso biblico per riprendersi dall’aborto, che Gesù mi ama ancora, ed è morto per me. Mi ha perdonato i peccati, persino l’aborto. Ho appreso che mia figlia è col Signore ed un giorno staremo insieme.
Mentre attraversavo il processo di guarigione e cominciavo a raccontare la mia storia, cominciai ad apprendere quante donne sono state ferite dall’aborto. Nove persone su dieci a cui ho raccontato la mia storia hanno o abortito o sono il padre di un bimbo abortito.
Sono passati 18 anni da quando ho abortito, e mio figlio si diplomerebbe al liceo questo giugno. Sto cominciando ad avere effetti collaterali sulla mia salute a causa dell’aborto.
L’aborto ha influenzato la mia famiglia ed i miei amici, ma nessuno di loro vuole parlare della terribile natura dell’aborto. Ma noi dobbiamo parlarne. L’aborto deve finire. L’aborto ferisce le donne e toglie la vita a un bel bambino, un dono di Dio. Le donne devono sapere che possono essere guarite, perdonate e liberate.
La Festa della Mamma è una giornata difficile per me. Sentire un bambino piangere mi provoca un dolore improvviso e acuto al cuore. Doverlo spiegare ai miei figli vivi è stata una cosa difficile da fare. Anche dirlo ai miei genitori e ai fratelli è stato difficile. Sono stati tutti comprensivi e di sostegno, ma so di avere cambiato anche le loro vite.
L’aborto divenne legale quando avevo sette anni. La Corte Suprema prese una decisione per la quale non ebbi voce in capitolo, ma che avrebbe influenzato la mia vita per sempre. Ora ho più anni, ed ho la voce che userò per dire chiaramente: “L’aborto ferisce le donne”.
Il mio consiglio per le altre che hanno sperimentato la crudeltà dell’aborto: Fate sentire le vostre voci. Dateci il permesso di parlare dei vostri aborti. Usciamo dalla vergogna, dal dolore e dalla pena. Gesù può guarirvi così che voi possiate aiutare altre a guarire.

Maureen Messersmith è direttrice di zona di Pittsburgh, Pennsylvania per Operation Outcry: Silent No More. Aiuta a raccogliere fondi per l’assistenza al post-aborto come volontaria nel locale centro di aiuto alla gravidanza. Parla nelle chiese e in diversi gruppi ed è impiegata come segretaria di chiesa ed è direttrice dello sviluppo per un programma di doposcuola. Vive a Coraopolis, Pennsylvania col marito Ernie e quattro figli.

http://www.operationoutcry.org/pages.asp?pageid=29195